Il nostro obiettivo è quello di utilizzare la simulazione per aumentare la sicurezza del paziente e la qualità delle cure.
La simulazione deve essere considerata l’interfaccia tra l’uomo, la tecnologia e l’organizzazione, per questo si punta non tanto sulle skill tecniche, ma sui principi di governo delle risorse nelle simulazioni di crisi.
La simulazione deve essere intesa come strumento per l’analisi del sistema di lavoro, del processo e dello strumento di intervento da usare.
L’uso di un manichino o simulatore costituisce l’aspetto fondamentale e metodologicamente innovativo del corso proposto. L’inserimento di questo strumento consente di ricreare, ad esempio, realtà ambientali come sale operatorie, pronto soccorsi, laboratori di emodinamica o reparti di terapia intensiva e consente di verificare la capacità del singolo di lavorare in équipe, qualità particolarmente importante nelle situazioni di urgenza-emergenza. La gestione delle emergenze-urgenze è complessa e implica il coinvolgimento di diverse figure professionali.
Qualità ed efficacia del trattamento dipendono spesso da un buon coordinamento del team di specialisti coinvolti. Tale aspetto può essere ostacolato dalla mancanza di procedure concordate che siano efficienti per la gestione delle diverse situazioni cliniche, dall’utilizzo di una terminologia non ben codificata per stabilire il grado di urgenza, dalle difficoltà nel monitoraggio.
Allo scopo di ottimizzare l’assistenza e le cure, l’équipe dovrebbe possedere conoscenze comuni ed elaborare protocolli standardizzati per le patologie che caratterizzano le emergenze e le differenti modalità di trattamento.
La validità del percorso formativo basato sull’uso dei simulatori è rappresentata dal debriefing.
L’importanza data a questa fase, sebbene sia a volte scarsa in termini di tempo, rivela che, almeno nel contesto dell’educazione formale, la simulazione non può essere progettata per fornire direttamente l’apprendimento: è necessario un momento di riflessione per rendere possibili il transfer.
Parafrasando il modello dell’apprendimento di Kolb, possiamo ritrovare la presenza di tre fasi: esperienza, riflessione, apprendimento.
L’esperienza può essere di varia natura (es. simulazione orientata su tratti emozionali o cognitivi, etc.). La riflessione implicherebbe il passaggio dalla simulazione all’apprendimento.
La simulazione così studiata è vista come la costruzione di una specifica esperienza, in quanto realizzata attraverso una realtà precostituita che lo distingue dall’esperienza reale e che rende la riflessione la chiave per l’apprendimento. La dimensione immaginaria consente l’arricchimento dell’esperienza con possibili risultati, prove ed errori, e la distanza dall’obbligo di risultati che può essere reso impossibile dal confronto con la realtà.
L’agire formativo consapevole prevede, quindi, che il soggetto in formazione sia attivo sia nella fase operativa sia nella fase riflessiva nella quale possano svilupparsi tre elementi centrali per la formazione finale: libertà di espressione, autoeducazione reciproca e armonia tra teoria e pratica, tra interno ed esterno a sé, tra le varie “sensibilità” coinvolte.