In terapia intensiva, nell’attuale pratica clinica, le catecolamine rappresentano la chance terapeutica di prima linea per il trattamento dell’ipotensione durante lo shock settico.
Nonostante la riconosciuta efficacia come vasopressore, il rapporto rischio/beneficio di noradrenalina, soprattutto a dosaggi medio-alti (superiore ai 15 μg/min – microgrammi al minuto) viene sbilanciato verso gli effetti collaterali tra cui sofferenza respiratoria, stress metabolico ossidativo e, in particolare, tossicità cardiaca e renale. Per tali motivi, molti clinici sostengono sia importante procedere da un punto di vista terapeutico alla “deaminizzazione” del paziente, ovvero diminuire la dose di noradrenalina somministrata. Un esempio di “deaminizzazione” può essere rappresentato dalla somministrazione concomitante di noradrenalina con un altro vasopressore.
Tale approccio terapeutico ha come razionale quello di sfruttare due meccanismi d’azione per raggiungere in modo più veloce e significativo un aumento e stabilizzazione della Pressione Minima Arteriosa (MAP) e allo stesso tempo di diminuire la dose di noradrenalina somministrata.
Le Linee Guida Surviving Sepsis Campaign del 2016 indicano che la vasopressina può essere aggiunta alla noradrenalina con l’intento di aumentare e raggiungere il target clinico della Pressione Minima Arteriosa (MAP) (≥65 mmHg - millimetro di mercurio) o diminuire il dosaggio di noradrenalina. Argipressina è un ormone coinvolto nella regolazione della pressione arteriosa e dell’osmolarità, attraverso l’attivazione dei recettori V 1 (recettori della vasopressina che si trovano a livello della muscolatura liscia dei vasi sanguigni) e V 2 (recettori della vasopressina che mediano l’effetto antidiuretico della vasopressina). In particolar modo l’interazione di Argipressina con i recettori V 1 è responsabile dell`effetto vasocostrittore mentre l’interazione della molecola con i recettori V 2 stimola l’assorbimento di acqua a livello renale. L’associazione noradrenalina/argipressina ha un effetto di ‘risparmio’ sulle dosi dell’ammina, il sinergismo dei due meccanismi d’azione si traduce in una migliore stabilizzazione emodinamica del paziente con un miglior profilo di safety renale e cardiaco.